Il Palio del Niballo, nato in chiave moderna nel 1959, affonda le proprie radici storiche nel Medioevo faentino, dominato dalle lotte fra guelfi e ghibellini. La prima giostra di cui si hanno notizie è infatti la Giostra del Barbarossa, una quintana voluta nel gennaio 1164 dall’imperatore Federico Barbarossa, che voleva verificare la maestria dei faentini in battaglia, e per l’occasione era ospite di Enrico e Guido Manfredi, allora fra i maggiorenti della città. In quella occasione si giostrò con armi di legno, per ottemperare alle disposizioni della Chiesa, in un orto detto Broylo posto dietro la casa dei Manfredi, nell’attuale via Baroncini (Rione Giallo). L’avvenimento resta a lungo impresso nella memoria popolare e, dopo quella del Barbarossa, nei secoli si correranno a Faenza altre quattro giostre.
Probabilmente si tratta del palio tradizionale più antico di Faenza. Si svolgeva il 27 luglio e veniva organizzato dalla “matricola dei calzolai”, il cui patrono era appunto San Nevolone. Non si sa con precisione quando la manifestazione abbia avuto inizio: sicuramente qualche anno dopo la morte dell’asceta faentino, avvenuta il 27 luglio 1280. A quei tempi il giorno di San Nevolone era un giorno festivo ed i calzolai ne celebravano la festa anche con una sfilata fra imprecisati Rioni (in una cronaca dell’epoca si parla del rione del Drago). A Faenza esiste quindi già nel Duecento uno spirito rionale, che sfociava spesso in diatribe anche politiche: un cronista dell’epoca narra che nei rioni di porta Ponte e porta Ravegnana risiedeva la fazione guelfa della città, mentre in porta Imolese e porta Montanara prevaleva la fazione ghibellina.
Nel 1410 Gian Galeazzo I riforma gli Statuti della città, stabilendo anche le offerte che la comunità deve fare in occasione delle principali feste cittadine. Da queste norme sono regolate, fra le altre, la festa dell’Assunta del 15 agosto, col popolo che il giorno precedente si reca in Santa Maria Foris Portam ad offrire i ceri, e la festa dei Santi Pietro e Paolo del 29 giugno, con offerte fatte al Capitolo dei Canonici per l’abbellimento della Cattedrale. Il Palio dell’Assunta, detto bravium, si svolgeva il 16 agosto ed il premio per il vincitore era appunto un palio (dal latino palium, letteralmente mantello o drappo di stoffa finissima) di colore verde, acquistato dal Comune, il quale offriva un premio anche al secondo e al terzo classificato, rispettivamente una porchetta e un gallo con spezie e agli, tradizione recuperata nel Palio del Niballo.
Si correva nel giorno dedicato al Santo, il 29 giugno. Troviamo le prime notizie ufficiali negli Statuti del 1410, tuttavia la sua istituzione potrebbe essere più antica, visto che fin dai tempi remoti – la notizia più vecchia risale al 1136 – San Pietro fu scelto come protettore di Faenza. La nascita di questo palio potrebbe essere legata alla festa di San Pietro che si celebrò dal 1379 al 1387. Dal 1410 in poi, l’unica variante rispetto al bravium dell’Assunta è data dal colore del drappo, rosso anziché verde. Per il resto, la gara partiva sempre da Pieve Ponte ed anche i premi (palio, porchetta e gallo con spezie) erano gli stessi. A discrezione del Podestà, si poteva correre in sella ai cavalli oppure coi cavalli lanciati dai loro barbareschi, ed in tal caso era la sola velocità ed intuito dell’animale a decidere il Rione vincitore.
Le prime notizie ufficiali sulla Quintana del Niballo risalgono al 13 febbraio 1596, ma molto probabilmente si disputava già in precedenza. Contrariamente alle altre manifestazioni svolte in occasione di feste religiose, la quintana era indetta per l’ultima settimana di carnevale, con un palio messo in premio dal Consiglio degli anziani. La quintana, costruita in ferro, venne chiamata Niballo, la cui etimologia deriva dalla volgarizzazione della parola Annibale, generale cartaginese il cui fratello Asdrubale provocò la devastazione della città nell’anno 208 a.C. e che in epoca medioevale impersonava in senso ampio il nemico moresco, il terribile saracino. L’onore di partecipare era appannaggio dei nobili, mentre il popolo tifava per l’uno o per l’altro, a volte infervorandosi a tal punto da rendere necessario l’intervento del governatore della città. Alcuni documenti confermano che questa competizione, alla quale si riallaccia l’odierno palio del Niballo, si svolse fino al 1796, momento in cui giunsero anche a Faenza gli sconvolgimenti legati alla rivoluzione francese.